Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Caplan (II)

Come promesso, oggi vi parlerò delle relazioni esistenti tra i quattro parametri che vi ho mostrato ieri.

Modello_CaplanNello specifico possiamo osservare nel versante oggettivo che, quando le ROA sono equilibrate alla DOP, abbiamo un adattamento oggettivo. Secondo Caplan, questo adattamento è aiutato dal coping, inteso o come cambiamento dell’ambiente verso le abilità della persona (mastery ambientale), o come cambiamento della persona verso le richieste dell’ambiente (adattamento). Il coping ha in questo modello una caratterizzazione obiettiva: è costituito da effettivi cambiamenti a livello organizzativo e/o personale.

Nel versante soggettivo l’avvicinarsi della SROA alla SDOP comporta un adattamento soggettivo, supportato dalle difese psicologiche. Al contrario del coping, la difesa è un cambiamento che avviene nella percezione soggettiva sia dell’ambiente che della persona, senza un corrispondente parallelo cambiamento della parte oggettiva. Per estremizzare, se credessi di essere Napoleone e di trovarmi in battaglia il mio adattamento soggettivo sarebbe perfetto.napoleonePer questa possibile discrepanza tra la sfera oggettiva e quella soggettiva, il modello P/E considera altre due relazioni che attualizzano e consolidano le dimensioni organizzative e tecniche della vita aziendale, in rapporto ai bisogni ed alle rappresentazioni soggettive che l’individuo si crea delle stesse.

La prima è definita contatto con la realtà ed intercorre tra ROA e SROA e ne definisce la corrispondenza; la seconda è l’accuratezza dell’autopercezione e definisce la sintonia tra la DOP e la SDOP.

Abbiamo definito tutti gli elementi caratterizzanti il modello, ora capirne il funzionamento è abbastanza semplice. Il modello si propone di misurare le discrepanze tra i quattro parametri e quindi di definire la natura delle relazioni che intercorrono tra di essi. La teoria vuole che quanto maggiore è la sovrapposizione tra i due versanti ed all’interno degli stessi, tanto più l’ambiente organizzativo ed il lavoratore sono in situazione di benessere.

È bene tuttavia sottolineare che non sempre un perfetto contatto con la realtà od una elevata coscienza delle proprie caratteristiche sono associate ad una situazione ad elevato benessere psichico: alcuni meccanismi che distorcono leggermente la valutazione possono infatti facilitare l’individuo a meglio gestire una situazione.

(Favretto, 2005; Avallone, 2011)

Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Caplan (I)

Approfondimento del post “Lo stress lavoro-correlato

Uno dei modelli a mio parere più interessanti è quello messo a punto da un gruppo di psicologi sociali e del lavoro a fine anni ’70: il modello del Fit Persona/Ambiente o P/E (personal/environment). Oggi voglio farvelo scoprire.

Rifacendosi alla famosa teoria del campo lewiniana C = f (PxA), questo modello tiene conto non solo della persona (abilità, aspettative, motivazioni, rappresentazioni sociali) ma anche di parametri obiettivi dell’ambiente. Il suo valore è costituito anche dal fatto che rappresenta un disegno teorico equilibrato che controbilancia la tendenza ad ipervalorizzare la valutazione personale e psicologica: integra l’approccio psico-sociologico con quello classico organizzativo.

bilancia2Il modello P/E tiene particolarmente da conto della distinzione tra elemento soggettivo ed oggettivo. Sostiene infatti che sia possibile dapprima misurare oggettivamente sia la persona che l’ambiente ed in un secondo momento la percezione che il soggetto ha sia di sé che dell’ambiente che lo circonda.

All’interno del contesto organizzativo, la relazione P/E viene vista secondo due prospettive: il bisogni/risorse, considerato dalla parte del lavoratore, che identifica da un lato i bisogni della persona e dall’altro le possibilità che l’organizzazione offre per soddisfarli. La seconda prospettiva è definita abilità/domanda, vista dal punto di vista dell’organizzazione, e mette a fuoco le capacità che ha il lavoratore per far fronte alle richieste del lavoro.

Modello_CaplanNel modello P/E vengono presi in considerazione quattro parametri fondamentali. Dal versante oggettivo troviamo le richieste organizzative dell’ambiente (ROA), intese come compiti, regole, metodi, ecc. e la dotazione organizzativa della persona (DOP), ossia le caratteristiche oggettive possedute in relazione alla mansione da svolgere. Dal versante soggettivo troviamo la percezione che il lavoratore ha dei due ambiti appena citati e dunque abbiamo la rappresentazione delle richieste dell’organizzazione (SROA) e la rappresentazione della propria capacità di rispondervi (SDOP).

Tra questi quattro parametri si vengono ad instaurare delle relazioni a soffietto che andremo però ad indagare nel prossimo post.

(Favretto, 2005; Avallone, 2011)

Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Karasek (II)

Continua da Karasek.

Come vi ho promesso, oggi descriverò i quattro scenari descritti dall’incrocio delle nostre due variabili (Domanda e Controllo):

Karasek_modellostress– lavori ad alto strain (1): lavori che creano un’alta “tensione” psicologica nei lavoratori, dovuta ad un alto carico lavorativo; tale tensione si può manifestare con sintomi di ansietà, depressione, esaurimento e diversi disturbi psicosomatici. Secondo il modello di Karasek, in questo caso ad alto livello di domanda corrisponde un basso controllo.

– lavori attivi (2): alto grado di discrezionalità ed alto grado di domanda psicologica. Il lavoratore può esprimere le proprie capacità ed attitudini pienamente; i soggetti sono portati a produrre e ad apprendere di più, sono inoltre indirizzati verso l’impegno in altre attività ricreative e costruttive, al di fuori del contesto lavorativo.

– lavori a basso strain (3): bassa domanda ed alto controllo. Questi lavori non sono caratterizzati da problemi legati alla tensione psicologica: sono rilassanti, tengono al riparo il lavoratore dalle tensioni ed evitano il rischio di malattie. Spesso i lavoratori che svolgono questi impieghi sono soddisfatti della loro professione.

– lavori passivi (4): bassa domanda ed impegno e basso controllo e possibilità di utilizzare le proprie abilità. Troviamo infine compiti che tendono ad inibire le iniziative e le proposte dei lavoratori: non creano stress, ma determinano una sempre minore capacità di apprendimento e, di conseguenza, un decremento delle capacità lavorative.

Karasek considera anche altri fattori, in particolare lo sforzo fisico ed il sostegno sociale. Nel primo caso, tanto più allo sforzo psicologico si aggiunge la fatica fisica tanto più aumentano la tensione ed il rischio di malattie somatiche; nel secondo, quanto maggiore è il supporto che il lavoratore riceve tanto minori saranno i rischi derivanti dalla tensione psicologica.

Ci sarebbero altre cose da raccontarvi, ma mi dilungherei troppo. Mi fermo qui, ma nel caso qualcuno fosse interessato, non esiti a contattarmi o a commentare.

(Favretto, 2005; Avallone, 2011)

Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Karasek (I)

Approfondimento del post “Lo stress lavoro-correlato

Dopo avervi presentato il modello di Cooper, voglio proporvi quello di Karasek.

Karasek teorizza nel 1989 un modello dello stress organizzativo, da lui definito “Domanda/Controllo”, che cerca di studiare e prevedere un ampio spettro di conseguenze psicofisiche e comportamentali.

L’autore nel formularlo aveva in mente l’obiettivo di fornire elementi di valutazione utili per la progettazione dei compiti lavorativi (job design) che prevengano e contengano le condizioni ed i comportamenti lavorativi che possono causare livelli elevati di strain, che spesso sono il preludio per seri disturbi psicosomatici.

Il modello di Karasek prevede due fattori fondamentali:

– la Domanda (carico di lavoro), che può essere concepita in termini di impegno psicologico e fisico (carico, ritmi di lavoro, richieste e vincoli);

– il Controllo, che concerne sia la capacità del lavoratore di svolgere il proprio compito, sia la discrezionalità nell’organizzarlo. La discrezionalità comprende anche la ripetitività degli incarichi, il livello di creatività e di abilità richiesto, la flessibilità consentita, l’occasione di valorizzare le proprie competenze e l’opportunità di imparare.

Il rapporto tra D e C consente di individuare quattro possibili condizioni du cui parleremo domani.

Karasek_modellostress

Alcuni autori e lo stesso Karasek hanno in seguito ampliato ed adattato il modello a seconda del contesto di utilizzo. Una variante si focalizza, ad esempio, sul supporto sociale percepito (Johnson e Hall, 1988); è consigliabile adattare il modello Domanda/Controllo affinchè possa dare informazioni più utili e concrete sui fattori di rischio e fornire chiavi di lettura. Secondo Sparks e Cooper (1999), la modalità con cui Domanda, Controllo e supporto si combinano è unica e specifica nei diversi gruppi.

Oggi abbiamo dunque descritto gli assi principali del modello. Domani prenderemo invece in considerazione ciascuno dei quattro quadranti e ne capiremo le caratteristiche principali.

(Favretto, 2005; Avallone, 2011)

Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Cooper (II)

Continua da Cooper (I)

Ieri vi ho parlato delle prime tre fonti intrinseche al lavoro secondo il modello di Cooper. Oggi completerò la spiegazione dello schema e poi accennerò ad un risvolto applicativo della teoria.

Modello_CooperTrovate dunque al quarto punto tutte quelle difficoltà che possono emergere nel relazionarsi con i vertici direttivi, i diretti superiori, i colleghi ed i dipendenti. Le relazioni significative instaurate all’interno dell’organizzazione costituiscono un fattore rilevante nel momento in cui il lavoratore si trovi ad affrontare altri stressor: relazioni scarse, poco profonde e non sincere possono portare al disadattamento organizzativo.

Come quinto fattore avete la struttura ed il clima organizzativo: questo aspetto (la “personalità” dell’organizzazione) è importante nel determinare il senso di appartenenza. L’adattamento ed il benessere lavorativo sono più facilmente raggiunti e mantenuti quando il clima viene valutato positivamente; un coinvolgimento della persona nelle decisioni porta ad un senso maggiore di appartenenza dell’organizzazzione e dell’accettazione della stessa come una parte di sé.

Terminata la disamina delle fonti, Cooper sottolinea che esse si presentano ugualmente a tutti i lavoratori, l’individuo però le percepisce secondo alcune sue caratteristiche individuali; l’autore ne considera in particolare alcune di personalità e comportamento (vedi schema). Cooper sostiene che alcune caratteristiche di personalità, tratti di comportamento, bisogni e valori possano modificare la risposta allo stress e rendere la persona più o meno sensibile ad esso.

Per quanto riguarda gli output dello stress (sintomi e malattie), l’autore contempla due tipi di effetti: quelli individuali e quelli organizzativi. I primi li definisce anche sintomi di malattia ocupativa; gli altri portano secondo Cooper allo svilupparsi di malattie organizzative (scioperi, incidenti frequenti e gravi, livelli di efficienza e produttività scadenti). Tuttavia l’autore non ha potuto effettuare indagini ulteriori sul rapporto causale tra lo stress e queste patologie organizzative.

OSI manuale cop 93317B.epsDopo avervi spiegato nel dettaglio il modello, voglio dimostrarvi che non rimane “tutto su carta”: un esito applicativo del modello è infatti il questionario che hanno strutturato Cooper e Sloan. Tale strumento è destinato a manager e quadri di diverse tipologie di azienda, ed è stato poi tradotto in italiano ed adattato. Il test si chiama OSI, acronimo che sta per Occupational Stress Indicator, ma ve ne perlerò meglio in seguito.

(Favretto, 2005; Lamberti, 2011).

Approfondimento: lo stress lavoro-correlato visto dagli studiosi – Cooper (I)

Approfondimento del post “Lo stress lavoro-correlato“.

Oggi e nei prossimi giorni, come anticipato un po’ di tempo fa, vi proporrò alcuni modelli dello stress lavoro-correlato.

Per primo vediamo il modello formulato da Cooper nel 1986:

modello stress lavoro cooper

Tale modello deve la sua complessità strutturale all’interazione di tre elementi: le fonti di stress sul lavoro, le caratteristiche dell’individuo e le strategie di coping; gli effetti dell’interazione di questi primi tre fattori si hanno sia a livello individuale che dell’organizzazione.

Ora vi mostro lo stesso modello raffigurato in maniera più analitica:

Modello_CooperLa teoria alla base di tale modello definisce lo stress occupazionale come una “qualità percepita negativamente come conseguenza di un coping inadeguato alle fonti di stress che ha effetti negativi sulla salute sia psicologica sia fisica”.

Per non dilungarmi troppo, spezzerò il mio intervento in due post. Oggi vi descriverò i primi punti del modello e domani i restanti.

L’autore prende dapprima in considerazione le fonti intrinseche al lavoro: secondo Cooper sono numerosi i fattori ambientali che possono incidere negativamente dulla concentrazione, sul rendimento e sull’efficienza dei lavoratori, è però importante tenere conto della reattività soggettiva di ciascuno. Come vedete nello schema, ci sono una serie di fonti oggettive che indurrebbero conseguenze comportamentali nei sogetti, provocando una riduzione della performance ed aumentando il rischio di incidenti. Il modello enfatizzza anche le pressioni derivanti dal carico di lavoro che potrà essere sovradimensionato o sottodimensionato. Cooper distingue tra work load quantitativo e qualitativo: descrive il sovraccarico quantitativo come l’avere troppe cose da fare; utilizza invece il termine overload qualitativo per indicare la complessità e la difficoltà di un lavoro.

In seconda istanza, Cooper parla di ruolo ed in particolare fa riferimento a Kahn (1964), che distingue tra ambiguità di ruolo (mancanza di chiarezza rispetto al compito) e conflitto di ruolo (richieste lavorative in contrasto), inoltre aggiunge la responsabilità (di cose e di persone).

In terzo luogo troviamo lo sviluppo di carriera: per soggetti che hanno una marcata aspirazione ad emergere, un’ulteriore fonte di stress possono essere una mancata promozione, una retrocessione ma anche una sovra-promozione. Anche l’insicurezza lavorativa connessa al pericolo di perdere il posto di lavoro può costituire un fattore problematico.

Per oggi mi fermo qui, domani continuerò la disamina del modello e farò un accenno ad risvolto applicativo di questa teoria.

(Favretto, 2005; Lamberti, 2011).